Articolo di Antonella Contaldo
Ossigeno
Secondo evento Retake con i pazienti dell’istituto di Neuropsichiatria G. Bollea

Nell’ ultimo giorno di gennaio, davanti al muro dell’edificio che li ospita, i ragazzi si preparano. Indossano le tute bianche di protezione e i guanti monouso, afferrano i rulli, i pennelli e i secchi con la tinta color caffellatte. Si dispongono lungo il perimetro dell’edificio e iniziano a tinteggiare il lato che si affaccia su via dei Reti. Siamo a San Lorenzo, il quartiere che fu colpito dal primo bombardamento degli alleati su Roma e che oggi è diventato un luogo dove gli studenti universitari accumulano conoscenze per costruire il loro futuro. Stride questa mescolanza di immagini di giovani universitari e di ragazzini fragili; i primi guardano al domani con fiducia, i secondi hanno paura dell’oggi. Ragazzini con gli occhi grandi, con tante cicatrici nell’anima. Non conosco le loro storie ma immagino siano drammatiche, perché chi viene ricoverato qui ha un dolore dentro che soffoca ogni barlume di serenità.

Ossigeno

I ragazzi imparano presto ad usare i rulli e i pennelli; i volontari di Retake danno loro qualche indicazione mentre il personale medico vigila in silenzio. “Mi piace”; “Guarda com’è venuto bene”; “Devo togliere quella scritta lassù”, commentano. Una ragazzina mi guarda e mi chiede se Francesca è tornata. Non so chi sia Francesca e lei mi spiega che è una sua amica. “L’hanno portata via in ambulanza per un controllo, forse adesso torna”, aggiunge passando le dita tra i capelli corti. Francesca torna dopo un po’, sempre in ambulanza, pallida, minuta e vuole subito provare a tinteggiare il muro. Poche pennellate ed è già stanca ma abbozza comunque un sorriso. Quel sorriso mi entra dentro ed esplode come un petardo. Sorride anche la dottoressa che l’accompagna.

“Vorrei che ci fossero altri giorni belli come questo!”, aggiunge un ragazzo mentre consegna i pennelli e si toglie la tuta.

Lo vorremmo tutti noi ed è per questo che oggi siamo qua.