di Marina Peci

La pandemia ha accelerato e approfondito gli squilibri sociali, creando condizioni di emarginazione sempre più gravi. La crisi, purtroppo, è ancora in pieno svolgimento e farà sentire le sue conseguenze anche nel futuro, immediato e a medio periodo. C’è da fare molto per alleviare il disagio ma, oltre a far fronte all’emergenza, è necessario reinventare su nuove basi un patto di solidarietà civile.
Come ha recentemente sottolineato il capo dello Stato, “non dobbiamo arrenderci ai danni della pandemia sul tessuto sociale. Siamo di fronte a un crocevia inedito: o costruire una società più giusta e inclusiva o avere una società con disparità e squilibri più forti”. Il Patto di comunità promosso dal Municipio Roma I centro ha raccolto queste esigenze, direi questa sfida, con l’obiettivo di ridisegnare la mappa dei bisogni stravolta dalla pandemia.
Il progetto Retake Roma per una comunità solidale si è mosso subito in sintonia con questa sfida e ha deciso di promuovere iniziative di inclusione sociale attraverso quella che è la mission specifica di Retake, la cura dei beni comuni. Una di queste iniziative si svilupperà in collaborazione – attraverso un protocollo d’intesa già siglato – con Il Primo Municipio, la Parrocchia dei santi Silvestro e Martino ai Monti, CRS – Cooperativa Roma Solidarietà – Caritas, SO.R.TE. APS.
Le attività previste di cura del giardino e delle vie limitrofe saranno realizzate dai volontari delle associazioni aderenti al protocollo ma, e qui è la novità, anche dalle persone che frequentano la mensa Caritas del Colle Oppio e i servizi docce della Parrocchia di San Martino ai Monti.
Il progetto partirà il 27 gennaio e le attività si svilupperanno per almeno sei mesi ogni mercoledì mattina. L’obiettivo sotteso al progetto, dunque, non è solo e tanto quello della rigenerazione degli spazi urbani ma quello di riuscire a includere nel tessuto sociale del quartiere le persone attualmente emarginate, andando oltre la pura e semplice assistenza, pur importante, ma coinvolgendole nel lavoro di cura dell’ambiente in cui vivono. Questo, è il nostro pensiero e la nostra speranza anche se l’obiettivo è ambizioso, consentirà loro di sentirsi nuovamente parte di una comunità, attivi, “degni” dell’ospitalità offerta. E questo, ci auguriamo, porterà i residenti, gli operatori economici e altri soggetti che vivono il quartiere, ad aprirsi all’“altro”, sviluppare una propensione all’accoglienza, considerare chi vive ai margini come una risorsa e non come un problema. Come ha recentemente ricordato Papa Francesco nell’omelia al Concistoro, tra le insidie di questa nostra società globale c’è il sonno dell’indifferenza. E a questo sonno possiamo opporre soltanto la “vigilanza della carità”, intesa appunto non solo come sostegno alla sopravvivenza ma come disponibilità con il cuore aperto agli altri e ai loro bisogni.
(Articolo pubblicato sul periodico PROGETTO CELIO N.246 di gennaio 2021)
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