Intervista di
Arianna Cacciotti e Antonella Contaldo

Il Prof. GREGORIO ARENA è il fondatore di Labsus, ed è stato fino al 2015 Professore ordinario di Diritto amministrativo presso l’Università degli Studi di Trento. Abbiamo deciso di intervistarlo in occasione dell’uscita del Rapporto 2022 che Labsus redige ogni anno.

Amministrazione condivisa

Professor Arena, una breve presentazione di Labsus

Labsus è la sigla di laboratorio per la sussidiarietà, un’associazione culturale che ho fondato nel 2005. Coloro che partecipano alla redazione della rivista, ma anche tutti gli altri collaboratori, sono giovani volontari. Insieme promuoviamo la cura dei beni comuni da parte dei cittadini.

Ogni 15 giorni mandiamo una newsletter gratuita per informare sui progressi dell’associazione.

Qual è la genesi della scelta di Labsus di tematizzare il Rapporto annuale 2022, uscito a marzo 2023, e dedicarlo all’amministrazione condivisa delle scuole come beni comuni?

Finora i nostri rapporti annuali sono sempre stati generali: applicazione del principio di sussidiarietà, regolamento per l’organizzazione condivisa e patti di collaborazione. Lo scorso anno abbiamo pensato che fosse opportuno tematizzare sulle scuole. Questo perché le scuole sono dei beni comuni molto particolari, essendo beni comuni materiali per la parte che riguarda l’edificio, il giardino, la palestra ed immateriali per la parte che riguarda l’offerta formativa. 

Considerando che le 40 mila e 600 scuole italiane sono la principale infrastruttura sociale del Paese, abbiamo pensato che potesse essere utile fare una ricognizione del modo in cui viene vissuta l’amministrazione condivisa in ognuna di loro. A Roma, per esempio, ci sono 40 associazioni di genitori che contribuiscono a tenere aperte le scuole il pomeriggio. Questo significa che gli studenti che partecipano a queste attività hanno un’offerta formativa raddoppiata. Di mattina hanno l’istruzione pubblica del programma ministeriale in più nel pomeriggio possono beneficiare di un’offerta formativa fornita dai genitori stessi. In questo modo gli studenti possono apprendere il cinese, seguire un corso di musica, di cucina o di fotografia.

Lavorare sulle scuole è per noi cruciale perché lavorare con gli studenti della scuola primaria, per esempio, vuol dire collaborare anche con i loro genitori, persone di età compresa tra i 30 e i 40 anni, solitamente molto attive. 

Collaborare con gli studenti della scuola secondaria significa vuol lavorare con giovani adulti 16, 17, 18 anni. Le scuole sono straordinarie da questo punto di vista e noi vogliamo renderle aperte, partecipate e condivise di pomeriggio ma anche durante l’estate.

Ritornando ai dati del Rapporto, quali le fragilità e le potenzialità? Quali le difficoltà e le speranze emerse?

Lo scoglio principale è la dirigenza scolastica che inizialmente non vede di buon occhio l’ingresso dei genitori nella scuola. Bisogna anche tenere conto del fatto che le regole nel nostro Paese sono tali per cui i dirigenti devono assumersi la responsabilità di far entrare i genitori negli edifici scolastici

Proprio per ovviare a questo problema, Labsus ha creato gli strumenti giuridici che riducono queste responsabilità e rendono la cosa assolutamente fattibile.

Come si fa ad infondere nei bambini e nei ragazzi il senso di appartenenza?

Spesso si sente dire che noi italiani non abbiamo senso civico. Il senso civico va educato e dipende da dove si nasce, da dove si cresce.

Abbiamo visto che, quando i ragazzi partecipano a queste attività o vedono i loro genitori collaborare alle attività di cura della scuola, si sentono più attenti, più partecipi e più rispettosi. Percepiscono che la loro scuola è un bene comune e che appartiene anche a ciascuno di loro.

Quindi la risposta è l’educazione civica, sì, certamente, alla Costituzione, figuriamoci, sono un giurista, la Costituzione è fondamentale, ma poi il modo migliore per educare al senso civico, al senso d’appartenenza, è fargli fare delle attività di cura della scuola e del quartiere anche. In questo modo loro crescono come cittadini attivi.

Alla luce del Rapporto Labsus, e della sua pluriennale esperienza in merito, quale può essere la ricetta per il passaggio delle scuole da beni pubblici a beni comuni attraverso l’amministrazione condivisa?

Sì, è una cosa di cui ci siamo accorti in questi ultimi anni, utilizzando i patti di collaborazione. Quando un gruppo di cittadini stipula un patto con il comune per la cura di un bene pubblico, un parco, una piazza, una scuola, succede una cosa strana, quasi una magia. Il bene rimane di proprietà pubblica ed essendo di proprietà pubblica se ne deve prendere cura l’amministrazione.

Però se ne possono prendere cura anche i cittadini, condividendo una responsabilità per la cura del bene insieme con l’amministrazione. Questo fa sì che quei cittadini percepiscono il bene come comune, cioè come anche loro. In Italia, secondo le nostre stime, i cittadini attivi sono circa un milione; quindi, vuol dire che ci sono un milione di persone che si stanno prendendo cura dei beni di tutti come se fossero i propri pur sapendo che non saranno mai di loro proprietà.

Questo rende quei beni, beni comuni, ed è questo il passaggio, certo non un passaggio giuridico perché i beni rimangono pubblici, ma è sicuramente un passaggio culturale e, come sappiamo, spesso i passaggi culturali sono quelli spingono i cambiamenti.

Le novità dal Comune di Roma: il 23 maggio, al Campidoglio, è stato approvato il regolamento dell’amministrazione condivisa, ce ne vuole parlare?

Sono otto anni che Labsus, insieme ad altre associazioni, si batte per ottenere l’approvazione del regolamento per l’amministrazione condivisa dei Beni Comuni di Roma. Il 23 maggio l’Assemblea capitolina ha finalmente approvato il testo base che Labsus propone da anni in tutta Italia e che è stato adottato da oltre 300 città, da Milano a Bari.

Complessivamente il regolamento è un buon testo e lo stiamo esaminando con attenzione. Abbiamo introdotto la figura del facilitatore. L’idea è quella di avere nei quartieri di Roma delle persone che individuano dei problemi e poi ne parlano con le associazioni proponendo loro i patti di collaborazione come soluzione.

Il facilitatore è una specie di promotore civico, ovvero qualcuno che va al mercato rionale, in biblioteca, al centro anziani, nelle riunioni ed espone un problema, proponendo la soluzione attraverso dei patti di collaborazione. Ci piacerebbe formare nei prossimi mesi e anni due facilitatori per ogni municipio di Roma

Professor Arena, ci incuriosisce molto il concetto di “Utopia Concreta”, esattamente cos’è?

Ci credo che vi incuriosisca! In realtà sembra una contraddizione in termini, ma è basato sulla mia esperienza personale. Io sono un giurista, ho insegnato tutta la vita diritto amministrativo negli ultimi 30 anni all’Università di Trento. Ho scritto un saggio in cui ipotizzavo una cosa chiamata amministrazione condivisa, cioè un’amministrazione che non si limita a fornire servizi o emanare provvedimenti o dare ordini, ma che collabora con i cittadini.

Nel 2001 in Costituzione è stato introdotto il principio di sussidiarietà e io l’ho interpretato alla luce di questa teoria della mediazione condivisa. Ho cominciato a lavorare su questo punto, andando in giro per l’Italia a dire” guardate che, se volete, potete prendervi cura del Paese dove vivete”. In realtà c’era un problema perché il principio costituzionale non si poteva applicare immediatamente. Quindi nel 2014 col Comune di Bologna abbiamo scritto un regolamento comunale tipo che appunto si è diffuso in tutta Italia e che, come si diceva, è stato approvato il 23 maggio scorso dal Comune di Roma. Allora qual è il punto? Quella che nel ‘97 sembrava un’utopia, cioè un qualcosa di assolutamente impossibile è diventato possibile. Il merito non è solo il mio che ho avuto l’idea, ma di altre migliaia di altre persone: Quindi amministrazione e cittadini possano collaborare per il bene comune curando i beni comuni. Abbiamo visto che, in questi anni della pandemia, i patti di collaborazione sono meglio degli antidepressivi. Le persone quando partecipano ai patti stanno bene, si rafforzano i legami di comunità e il senso di appartenenza.

Quindi, quella che era per molti un’utopia, è diventata qualcosa di molto concreto.

Grazie professor Arena per questa illuminante intervista ricca di spunti su cui riflettere e grazie naturalmente per la sua disponibilità.

Viva Labsus e Viva Retake!